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La maschera, dal teatro greco a Pirandello, l’altro volto dell’uomo

Il Carnevale è una festa complessa, che si presta a varie interpretazioni. È una festa in maschera che ha ispirato da sempre poeti e scrittori. La
maschera, nel teatro, ha origine antica: era utilizzata in Grecia dove si configurò la divisione tra il genere della tragedia e quello della
commedia.  Gli attori del teatro greco recitavano con il volto coperto da grandi maschere che servivano sia per caratterizzare il personaggio, sia
per amplificare la voce con particolari risonanze. In seguito, il suo uso nel teatro riprese vigore con la Commedia dell’Arte nella seconda metà del
1500.  Parlando di maschere, non si può non citare Luigi Pirandello, drammaturgo e Premio Nobel per la Letteratura. Pirandello ci racconta come
l’uomo si trovi nascosto dietro a una “maschera” imposta dalla società o dalla propria famiglia. Lo scrittore siciliano ci insegna anche che essere
noi stessi implicherebbe accettare il peso del confronto, dibattere, affrontare conflitti, mettendo in discussione le nostre idee. I romanzi di
Pirandello rispecchiano quello che accade all’uomo contemporaneo. Nell’ opera Uno, nessuno e centomila, la teoria delle maschere è ben
descritta: Uno, perché una è la personalità che l’uomo pensa di avere.  Centomila, perché l’uomo nasconde dietro la maschera tante personalità
quante sono le persone che lo giudicano.  Nessuno, perché in realtà l’uomo non ne possiede nessuna. Pirandello, in quest’opera, vuole
dimostrarci che la vita dell’uomo è in continuo cambiamento e indossiamo una maschera per la paura di non essere capiti o per non essere
esclusi. Riflessione molto attuale e vicina alla sensibilità di ciascuno. Le ricerche sulla Teoria delle maschere e sulla Storia del Teatro ci hanno
fatto scoprire un mondo a noi sconosciuto ma affascinante e coinvolgente. Semel in anno licet insanire! Una volta all’anno è lecito impazzire,
“uscire da se stessi”!